Primo, L’impuro è un libro di grande (e duratura) attualità. Prende in esame il difficile momento dell’arte che stiamo vivendo: non è possibile continuare la folle corsa in avanti nel senso dell’avanguardia (quella corsa rivelatasi immediatamente una corsa verso la fine, verso la morte), ma nemmeno (se non si vuole tradire sé stessi) dare il proprio consenso all’aria che si sente tirare un po’ dappertutto, a un passatismo estetico. Secondo, è il libro di un artista che parla di ciò che lo tocca personalmente; le sue teorie sono quelle di un esperto; le sole che mi interessano. (Lo straordinario elogio dell’oscenità che Scarpetta oppone alla doppia stupidità del puritanesimo e del sessualismo permissivo mi arriva diritto al cuore.) Terzo, è un libro perfettamente europeo, che integra nella coscienza francese dell’arte non solo il mondo anglosassone ma soprattutto l’Europa centrale: il barocco, la scuola di Vienna, Musil, Broch. Quarto, è un libro di grande ambizione sintetica; tratta brillantemente di musica, pittura, teatro, cinema. Sul mio conto leggo qui un testo che solo di rado uno scrittore può leggere, un testo che gli rivela ciò che lui non sapeva. Ma soprattutto rapito dal breve saggio su Musil, il migliore che abbia mai letto su questo autore.
Milan Kundera